Chris Amon
di Franco Lini

Estratto da "Ferrari World" n.38 del 1996

«No, non me ne vado. Voglio provare a guidare una macchina col motore Cosworth, per vedere se sono io che non vado più bene, o se - come suppongo e credo - sia la macchina ad impedirmelo». Si era alla fine del 1969, a Maranello. Erano appena terminate le prove del nuovo motore Ferrari boxer 12 cilindri, ed erano prove incoraggianti, se non entusiasmanti, almeno per Chris Amon, che di entusiasmo per la Ferrari non ne aveva più. Si era stancato delle promesse e delle assicurazioni dei tecnici, che forse non lo ascoltavano come avrebbero dovuto. E proprio nel momento in cui, finalmente, promesse e realtà iniziavano a coincidere, egli toglieva il contatto, girava l'interruttore, cercava la controprova. Io non ero più in Ferrari, ma gli sono rimasto vicino: mi sembrava un delitto non aiutare un pilota così a rimanere nel gruppetto di testa. E lo esortavo ad avere ancora un poco di pazienza, perché finalmente - ne ero convinto - le Ferrari stavano per tornare in primo piano; e sarebbe stata anche giustizia che a profittarne fosse lui, che in tre anni aveva caparbiamente e pazientemente sopportato le peripezie tecnico-umane della squadra. Invece no, Amon decideva di andarsene, e sbagliava. Finiva così un rapporto agrodolce, fatto di entusiasmi ma anche di tante delusioni, accompagnate da discussioni al limite della rissa coi tecnici, che avevano la tendenza a scaricare sul pilota le responsabilità degli insuccessi; ed era peccato. Oggi ci si può chiedere se sia stato fatto tutto il necessario per capire bene l'uomo e per aiutarlo psicologicamente; ci si può chiedere se la storia delle corse poteva essere scritta in altra maniera. Il 1970, ricordiamolo, è stato l'anno della riscossa, con le vittorie di Ickx e Regazzoni; avrebbe potuto essere l'anno del titolo mondiale per Amon? Non credo sia mai esistito nella storia, non soltanto dell'automobilismo, ma di tutti gli sport, uno più sfortunato di Chris Amon. Uno, intendo, dotato di tutto quello che è necessario per diventare un grande campione celebrato... e le cui imprese non siano state suffragate dai risultati da scrivere sulle tabelle statistiche. Tutti coloro che lo hanno seguito nella decina di anni di attività nella massima categoria sono concordi: la serie di circostanze negative che hanno privato Christopher Arthur Amon di una meritata sequenza di vittorie è incredibile. Egli aveva tutto quello che occorreva per diventare campione del mondo, e invece non è riuscito a vincere nemmeno un Gran Premio! Aveva classe istintiva, stile perfetto, anche la giusta dose di aggressività (nonostante certe apparenze) e di combattività; aveva soprattutto, e in grande misura, quelle doti non comune che completano il grande pilota: la sensibilità alle reazioni della macchina, la precisa individuazione di quanto fosse necessario fare per migliorarla e l'eccellente capacità di saperlo indicare ai tecnici con precisione. Tutto, insomma, quel che un campione deve possedere. Eppure Chris Amon non ha mai vinto una gara di campionato del mondo di F1! Ha vinto due Gran Premi nella massima formula, è vero, ma fuori campionato: il Daily Express Trophy di Silverstone, nel 1970, con la March 701 e in Argentina, nel 1971, con la Matra MS 120. La soddisfazione della vittoria in F1 l'ha avuta, ma non come avrebbe voluto e'meritato. Di gratificazioni ne ha avute molte altre, con le grandi vittorie nella 24 Ore di Le Mans del 1966, su Ford in coppia con Bruce McLaren, quella nella 24 Ore di Daytona del 1967, con la Ferrari P4, in coppia con Lorenzo Bandini, il campionato di Tasmania, con la Ferrari Dino 246 nel 1969; ma non in Formula 1. Eppure, dopo un periodo di adattamento alle monoposto maggiori, quando è artivato alla Ferrari, egli era pronto e maturo per il successo. Sfortunatamente non eravamo pronti noi, perché la squadra della Ferrari era di piccole dimensioni, nonostante la sua fama, e si doveva correre in tante categorie, non c'era modo di dare alla F1 tanta attenzione. Era l'ultimo anno della grande battaglia tra la Ferrari e la Ford, le macchme sport erano più importanti della F1, e per noi era essenziale la conquista del Campionato Mondiale, come è avvenuto proprio grazie ad Amon, che con Bandini ha vinto la 24 Ore di Daytona, poi, anche la 1.000 Chilometri di Monza, e in coppia con Stewart ha ottenuto a Brands Hatch i punti necessari per battere la Porsche. Con la Ferrari, sotto la mia direzione, Amon ha conosciuto un periodo travagliato, per le ragioni che abbiamo detto; e soltanto nella seconda parte della stagione la nostra macchina cominciava ad andare bene e i risultati cominciavano ad arrivare... ma non le vittorie. C'era soltanto il secondo posto a Silverstone, dopo una epica battaglia dietro le ruote della Brabham di Brabham, che per una quarantina di giri aveva guidato al limite della scorrettezza (come faceva spesso), permettendo a Hulme di staccarsi. Poi c'era una fantastica corsa a Watkins Glen, con la vittoria a portata di mano e... sfuggita perché il motore rimaneva senza olio. E subito dopo un'altra grande delusione in Messico, quando Amon otteneva la pole position, ma la macchina restava senza carburante a un giro dalla fine (ed è stato un errore di calcolo del tecnico). Amon finiva al quarto posto nel Campionato. Il racconto delle disgrazie di Amon ha un capitolo nutrito nel 1968, perché egli è partito in prima fila otto volte su dodici corse, ma ha ottenuto soltanto un secondo e un quarto posto. In Spagna, dopo avere conquistato la pole position, Amon era nettamente leader della gara, con un vantaggio notevole, ma rompeva il cambio, dopo aver tenuto testa per 42 giri! In Belgio era in testa quando una pietra gli ha rotto il radiatore dell'olio; a Brands Hatch era ancora in testa ma doveva cedere alla Lotus di Siffert poiché la Ferrari aveva usurato le gomme in maniera anormale; a Monza in lotta con Surtees, usciva di strada. In Canada, sul circuito del Mont Tremblant, Amon era in testa alla gara per 72 dei 90 giri della corsa, fermato poi dal blocco del cambio; e nessuno si è accorto che egli aveva guidato fin dall'inizio senza la frizione, bloccata, resistendo agli attacchi di Rindt e Siffert. Una impresa epica, ma senza il conforto del risultato. E l'anno dopo, ancora in Spagna, a Barcellona, Amon subiva un'altra delle grandi delusioni: in testa, con oltre 20 secondi di vantaggio su Stewart, doveva fermarsi di colpo perché si era bruciato un fusibile sul cavo elettrico della pompa della benzina. Una sciocchezza. A gara finita, il capomeccanico Borsari andava a recuperare la macchina, metteva un fusibile nuovo e il motore ripartiva! Enzo Ferrari, in occasione del 40° compleanno del pilota neozelondose, gli inviò una fotografia con una dedica che diceva:'Al pilota più bravo e più sfortunato'. Alla fine del 1969 la Ferrari aveva pronto il motore boxer, ed era Amon a portarlo ai primi collaudi, sulla pista di Modena. Si rendeva conto che il nuovo motore era buono, ma ormai egli si era stancato, aveva maturato la decisione di tentare una nuova avventura. Io lo avevo esortato a rimanere, ancora per un anno, convinto che con il nuovo motore le cose sarebbero cambiate, ma lui non ha voluto saperne. E se ne andava, mentre alla Ferrari tornava Ickx e arrivava Clay Regazzoni.

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